Capita

di Alba Gallo

Mi capita spesso nel mio peregrinare del week end di percorrere sempre il medesimo viale in bicicletta in prossimità del tramonto; c’è una strada alquanto suggestiva che conduce dal Borgo agli scavi di quel che era l’antica Metaponto. Quel percorso rappresenta un fil rouge ininterrotto che, tanto a 15 anni tanto 29, mi vede protagonista delle stesse volate. La suggestione dei profumi, l’alternarsi dei pioppi che delimitano gli argini del fiume d’asfalto che porta alle rovine, i meravigliosi colori di un sole che gioca a nascondino tra i rami e ricopre i viandanti di arancione, costituiscono quella costante che da sempre conservo. (continua...)

Quel posto rappresenta il mio angolo segreto, fecondo com’è di spunti, di ottimi assist per le mie poesie e riflessioni, scritte e altalenanti nella mente. Mi capitava di fermarmi, a volte, e di buttar giù qualcosa, con un taccuino sempre a portata di mano e una fedele Bic che, con la sua agilità, favoriva il distendersi, il fluire dei pensieri su carta. Un particolare, però, in questo percorso, saltava sempre all’occhio: i pali del telefono che scorrevano (e lo fanno tuttora),paralleli, tra la linea ferroviaria e la strada, con tanto di uccellini a far pit stop e sempre impettiti malgrado clandestini incendi. Eppure quei pali rimangono lì, a scandire il tempo e a ricordare il senso del dovere nel portare la linea in ogni casa. Questa, credo, rimarrà l’immagine emblematica di una cartolina ingiallita di una realtà ormai desueta, bombardati come siamo dall’orologio del tempo che determina l’archiviarsi di riti e oggetti non più “in time”. O che magari, rivisitati opportunamente, chiamiamo “vintage”.

Quei pali, così come la mia penna, il mio taccuino, rimarranno segni del tempo, il mio tempo. Li stanno mandando in pensione  a favore di fibre ottiche che agiscono in sordina, subitaneamente, nel sottosuolo. Per non parlare di carta e penna, fusi nel concetto di tablet, che archivia in un unico faldone polveroso, quello del dimenticatoio, l’alchimia tra carta e pensiero. E riaffiorano, quasi avvicendandosi, altre suggestioni.

Esame di “Letteratura Latina”. La prof chiama e, scorgendo qualche fotocopia tra le mani, ammonisce lapidariamente, su quanto noi, studenti di Lettere, dobbiamo avere quasi il dovere etico di privilegiare il concetto di “libro”, giammai assimilabile alla banale e anonima fotocopia. Il classico tra le mani con i suoi odori, le sue pagine, parla già al solo tatto. Non è passata che una manciata di anni da allora, forse 5, da quando, qualche mese fa, sfogliando un volantino pubblicitario di una catena di negozi di elettrodomestici, qualcosa salta all’occhio. Prepotente, spicca in prima pagina un riquadro in blu accanto ad unebook reader, che rammenta che dal prossimo anno scolastico, i testi migreranno su questa nuova piattaforma. Al momento pare che questo Decreto non si sia mai trasformato in realtà, ma non tarderà molto ad attuarsi, rinvigorito dalle pressioni dell’editoria in formato digitale.

Cambia il supporto ma i concetti paiono sempre universali. E poi c’è “Coffitivity”, un sito, frutto di una perversa considerazione a sfondo commerciale. Si è arrivati a stabilire l’equazione della creatività all’epoca di Starbucks, nota catena dispensatrice di caffè in tutte le sue declinazioni. Si ritiene che i suoni ambientali tipici di un coffee shop, associati ad una connessione discretamente lenta (perché fruita da tanti utenti in contemporanea), favorirebbero il proliferare di pensieri. Il portale ricrea, in buona sostanza, il rumore di tazzine, chiacchiericcio, e affini, associabile, volendo, ad una nostra playlist.

Credo di non dover dispensare commenti. La notizia è abbastanza eloquente di per se. Mi chiedo: basteranno surrogati di esistenza che si spaccia per essere “cool” a renderci vivi? Nel dubbio, il block notes mi accompagnerà per un’altra manciata d’anni, beninteso: senza anacronismi o lotte contro i mulini a vento. È questione solo di privilegiare la praticità e il soundtrack lo stabilisco io - se permettete - variandolo al cambiare del mio percorso in bici. Il resto è storia che per ora non m’interessa.